The Hobby House


Riuso e trasformazione di una bifamiliare a Pordenone In un settore peri-centrale di Pordenone, rimasto ai margini dei recenti processi di riqualificazione, un’abitazione bifamiliare in linea si presentava come un corpo chiuso: accesso angusto, affaccio introverso, addizioni d’uso terziario stratificatesi nel tempo. Il progetto assume questo frammento ordinario di città come occasione per restituire misura e dignità allo spazio pubblico, mostrando come anche alla scala della casa sia possibile innescare una trasformazione urbana virtuosa. La condizione di partenza era tipica di molte periferie compatte italiane: una strada “infelice”, attraversata ma non abitata, e un fronte domestico difeso da cancelli e arretramenti che negavano qualsiasi relazione con la via. L’intervento dichiara fin dall’inizio un orientamento etico: non aggiungere consumo di suolo, non espellere memoria e materia, ma curare l’esistente perché torni a dialogare con la città. La misura dell’operazione sta tutta nel trasformare il margine in soglia—cioè in un dispositivo capace di connettere, proteggere e rendere riconoscibile un luogo. Tre sono i gesti che reggono il progetto. Sottrazione. Sono stati rimossi gli innesti d’ufficio che avevano irrigidito il lotto e compromesso la permeabilità visiva e d’uso. Questa pulizia restituisce continuità al fronte strada. Precisione dello spazio aperto. Il piccolo giardino anteriore, prima inutilizzato, è rifondato come corte: intima, protetta, ma leggibile dalla via. Non è un recinto; è un luogo di transito lento, di sosta breve, una camera d’aria tra città e casa. Aggiunta misurata. Un volume di ampliamento in aggetto costruisce la nuova soglia. Lo sbalzo protegge e invita: fa da portico all’ingresso, offre riparo a chi arriva, proietta la casa verso lo spazio urbano senza esporre la privacy di chi abita. È un atto di generosità verso la strada, non un sopruso sul lotto. La soglia è al tempo stesso infrastruttura climatica e civile. Regola l’irraggiamento, crea ombra estiva e guadagno solare invernale, favorisce ventilazioni trasversali attivate dall’ordinamento delle aperture. Ma soprattutto stabilisce un rapporto di fiducia con il quartiere: la presenza di un portico, di un affaccio abitato, ricuce la sequenza della via, introduce luce e controllo informale, rende più sicuro il passaggio stretto esistente. La casa non si difende dalla città: la interpreta. Dentro questa nuova grammatica del bordo, il progetto pratica con coerenza la dialettica tra intimità e condivisione. La corte è il primo spazio domestico e l’ultimo spazio urbano; una soglia che si lascia attraversare dallo sguardo e dal suono, ma che trattiene il rumore e l’invadenza. Il gioco tra pubblico e privato non è un effetto formale: è la condizione che consente alla casa di essere parte di una comunità senza rinunciare alla propria misura. La residenza accoglie due passioni complementari e costruisce attorno ad esse un ordine. La sala della musica, ispirata allo studio ottocentesco di Felix Mendelssohn Bartholdy, è pensata per l’ascolto e la prova. Le aperture non sono vetrine: sono “conversazioni” misurate tra il locus amoenus domestico e il genius loci urbano. Quando l’arpa suona, la corte ne intercetta il respiro, restituendo alla strada un segno discreto di vita. La stanza del modellismo, a doppia altezza, affida al legno la dichiarazione del fare: luce e ombra disegnano nicchie operative, la verticalità ordina tempi e concentrazione. Tra le due, la sala verde è un vuoto deliberato: un intermezzo di luce naturale e vegetazione che sospende le funzioni e le mette in relazione. Qui il progetto rinuncia a definire un uso univoco e consegna alla vita quotidiana la libertà di interpretare. La sostenibilità non è proclamata; è praticata. Il riuso dell’edificato, la compattazione volumetrica, la riduzione delle superfetazioni, l’utilizzo di materiali ecocompatibili come legno, pavimentazioni drenanti e la calibratura delle aperture generano comfort con logiche low-tech e senza nuovo consumo di suolo. La soglia-portico è una macchina semplice ed efficace: limita i picchi termici, protegge l’ingresso dalle piogge, favorisce l’uso dello spazio esterno in molte stagioni. L’attenzione alla durabilità dei materiali e alla manutenzione ordinaria rende il progetto coerente con un’idea di economia delle risorse che è prima di tutto cultura civile.
Misurato nella dimensione, l’intervento è ambizioso negli esiti. Rigenera un tratto di strada: lo rende più leggibile, più sicuro, più luminoso. Ricuce un tessuto complesso: la casa torna a essere un fronte, non un retro. Restituisce un luogo di prossimità: il portico è un invito alla sosta, la corte un micro-paesaggio che educa alla cura. Attiva un modello replicabile: indica come intervenire sulle migliaia di bifamiliari e lotti minuti che costellano le città italiane, dimostrando che la qualità urbana non dipende dalla scala dell’investimento ma dalla precisione del progetto.
Un approccio etico alla professione, capace di trasformare una condizione marginale in occasione pubblica. L’etica è nelle scelte: ascolto del contesto, rifiuto dello spreco, definizione di spazi condivisibili, restituzione di decoro alla strada. La trasformazione non è spettacolare; è virtuosa perché stabile, leggibile, utile. È una piccola rivoluzione di costume: mostra che abitare meglio significa far stare meglio anche ciò che è fuori dalla porta di casa.

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